top of page

LE MIE POESIE

NAUFRAGIO ( Anime Migranti)

 

S'apron frementi i gaudi squilli
speranza e poi l'udir di vecchi tuoni
sgorga il pianto di esausti fanciulli
dormienti nel vano saper del nulla

Suadente fu il migrar lontano
la folla osando volle ahimè partir
lunga la notte di quel viaggio vano
lasciando arretro il certo soffrir

Ma quel vento di maestrale di soppiatto
sciolse ciò che un dì s'era legato
e pian piano come fa col topo il gatto
sornione e poi crudele l'ha mangiato

E mentre l'onda quei corpi via spazzava
momenti eterni furon di dolore
sterile pianto di quella gente schiava
gonfio l'ostile mar li accolse con furore

S'orge l'aurora ignara dopo la tempesta
sgorga dal mar quel sogno triste e amaro
speranze morte vestite a festa
per quel dì nascente povero e gramo

"A" come AMORE

 

Dolci e sublimi attimi d'amore
colmi di gesti soffici e gaudiosi
si riversano leggiadri poi nel cuore
carezzanti come arpeggi melodiosi

Pulsano d'ardore le vene al suo cospetto
giungono ansanti pensieri accesi
si bagnano poi copiosi quei torrenti scarni
labbra protese arse e tremanti

Sciolgono i suoi abbracci quei ghiacciai
tristi dirupi d'un tempo antico
fioriscono al suo passaggio poi quei rovi
che per millenni furon solo spine

E dalle nude rocce di quei crepacci
spuntano gemme rigogliose e vive
sterili valli tristi e morenti
ove un tempo v'eran solo rovine

dolci e sublimi attimi d'amore

SPOSA BAMBINA

Premio della critica concorso Internazionale "Tra le Parole e l'Infinito" 

The Grand Haward to Excellence

 

Sposa d’un Re divenuta schiava,

carpito avea la sua purezza e gli anni,

sogni distrutti da cenere e lava,

lagrime sorelle di cupi affanni.

 

Scevra si donò di colpe senz’indugio,

ignara della triste e amara sorte,

l’anima vergine non trovò rifugio

ed il suo mal divenne assai più forte.

 

Volle fuggir ma il giorno non conobbe,

tenebre oscuravan l’animo suo perduto,

l’ignoto l’aspettava e coraggio ebbe,

d’arretro solo il nulla d’un grido muto.

​

Volse lo sguardo innanzi la vallata,

oltre le sbarre della sua prigione,

flebili raggi d’una luna ambrata,

tingevan d’argento la via della ragione.

​

Le ali aprì librandosi nel cielo,

leggera come piuma volò lontano,

petali di rosa staccati dallo stelo,

al sorgere del sol caddero piano.

​

Fluttua nell’empireo paga la sua essenza, 

ove la morte ormai più non teme,

gli angeli ebbero di lei clemenza

e dal suo ego nacque un nuovo seme.

MADRE

​

Acuti strazi m'infliggean dolore ,
supina e inerme giacevo muta, 
quei luoghi cari, sì perdean colore, 
siffatta notte m'abbandonai sparuta.

​

Vagai confusa in una valle oscura,

m'incamminai scrutando l'orizzonte,

d'un tratto si placò il senso di paura

e oltrepassai il fiume su di un ponte.

​

Un coro gaio e amico udii lontano ,
d'arretro mi chiamavan moleste voci,
guardinga mi fermai e attesi invano 
quell'alito di vita d'in su le foci.

​

L'anima abbandonò le membra  stanche ,
triste affiorò il ricordo del palpito materno, 
ti vidi nella notte con le tue gote bianche,
nulla potei ...  e assaporai l'eterno.

​

Fu balenante l'attimo e ti toccai il cuore,
sgorgaron dai tuoi occhi lagrime amare, 
capisti allor la gioia e il mio dolore,
di questa morte, figlia ... ancor per te mi duole

PARADISO

​

La mia bocca tace non trovo parole,
cosa mai potrei dire di tanto splendore.

Un cancello si apre c'è un viale alberato
e m'appare un luogo ameno ... sconfinato.

​

Ci son delle persone che camminano piano,
m'avvicino, le guardo e poi m'allontano.

 E' bizzarro, han tutti un abito bianco,
mi sento chiamare ... c'è un uomo al mio fianco.

​

Mi conduce alla fine di quel lungo viale,
una forte emozione  m'invade, m'assale.

Una luce bianchissima m'ubriaca, m'acceca,
mi inginocchio e alle spalle quella gente che prega.

​

Inebriata di estasi sconfina la mente,
la mia essenza d'un tratto si tramuta vibrante.

E laggiù alla fine di quel lungo viale,
vedo quelle persone salire e volare.

​

M'incammino nella luce agognante,

colma l'anima di gioia raggiante,

poi una lacrima riga il mio viso,

mentre s'apre per me il  Paradiso.

VORREI

 

Vorrei volar via,
trasportata dal mio pensiero,
dimenticar tutte le asprezze,
abbandonarmi senza più lottare.

Vorrei correr a perdifiato,
su prati freschi di brina,
dove la vita è appena sbocciata,
e le mie lacrime sono un ricordo.

Vorrei incontrare un sorriso,
che cancelli questa tristezza,
affinché io possa gioire,
senza temer d'esser  violata.

Vorrei esser la furia del vento,
dove nessuno possa domarmi,
sprigionare gli istinti repressi,
esser me stessa senza dannarmi.

Vorrei rinascere per poi morir,
lasciar questo luogo che m'imprigiona,
che m'impedisce d'esser ciò che sono,
... uno spirito in catene nella penombradove ogni giorno è uguale alla notte.

bottom of page